SIGNORI, SVEGLIAMOCI
di Giuseppe Valerio
Siamo in una situazione difficile.
L’analisi di come si vive oggi in Italia (un dato solo, più del 40% dei giovani è disoccupato), Europa e Mondo è comune a tanti commentatori ed analisti politici, come a tanti economisti e perfino…uomini di chiesa.
Il Papa cattolico parla di terza guerra mondiale a spicchi, altri sentono minacce di guerra, ultimo il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, dagli attacchi sparsi e continui dei “terroristi internazionali”.
E’ l’insicurezza e la paura (per altro derivane dallo “scontro di civiltà” negato e sottovalutato dopo l’uscita del famoso libro di Samuel Huntington negli anni ’90 del secolo scorso) stanno rallentando anche l’economia, perché molti temono di fare investimenti e continuano, al massimo, al “mantenimento” e alla “difesa” di ciò che posseggono.
L’insicurezza si sta impadronendo delle coscienze ed ognuno pensa al proprio “particulare”, non solo singoli cittadini ma intere classi dirigenti a partire dai “governanti”.
In giro si vedono molti “politici” ma pochi “statisti”. Uomini con l’obiettivo di “vincere le elezioni” ed occupare il potere” per sé ed i propri accoliti, ma privi di progetti di lungo corso.
Questo quadro drammatico va confrontato con un altro panorama, altrettanto triste e drammatico: il secondo dopo guerra. Nazioni frantumate, popoli depressi ed affamati, economie a pezzi o distrutte, coscienze deturpate, situazioni di estrema incertezza…ma con diversi statisti sparsi in Europa.
Fu la coscienza di operare oltre il se stessi che consentì a uomini come Shumann, Adenauer, Spaak, De Gasperi di superare le difficoltà, le incomprensioni, gli odi di guerra e trovare una “politica” per il futuro al di là delle “pretese” e/o “aspettative” dei singoli popoli, delle singole persone.
Fu questo il clima nel quale altre personalità (qualcuno li ha chiamate “i piccoli padri” come da una pubblicazione di qualche tempo fa dell’Aiccre) hanno lavorato ed operato per far affermare progetti e programmi che tendevano al miglioramento ed al rafforzamento delle autonomie locali, al potenziamento della partecipazione popolare attraverso le amministrazioni locali.
Dobbiamo leggere il passato, guardare alla storia – sempre maestra di vita e feconda di insegnamenti – per poter capire dove e come andare nel futuro.
Noi dell’Aiccre certamente non possiamo essere gli artefici di scelte che solo il Parlamento europeo e/o italiano possono compiere.
Naturalmente siamo piccola cosa in relazione al quadro legislativo e regolamentare che le istituzioni democratiche elettive possono assicurare al popolo italiano ed europeo.
In altre parole l’Aiccre poco può in concreto assicurare ai suoi soci o, più in generale, ai cittadini. Ma…..questa situazione è simile a quella in cui uomini come Umberto SERAFINI nel 1951 “inventarono “ un’associazione – l’AICCE – che lavorasse con idee, organizzazione, manifestazioni, documenti per far crescere in Italia ed in Europa una cultura autonomista e federalista che nel tempo – anche grazie a quell’azione – le istituzioni nazionali ed europee hanno trasferito in provvedimenti di legge che danno riconoscimento e potere politico prima e rafforzamento poi al ruolo degli enti locali.
La storia di Serafini e degli amici dell’Aicce, poi divenuta Aiccre con l’ingresso delle regioni, che ora piano piano stanno recedendo, dice, appunto, che non si sono preoccupati di ottenere da subito il risultato della loro opera e la traduzione legislativa delle loro idee. Anzi – dice la storia, che dobbiamo leggere – sono state più le “sconfitte” (anche interne alla nostra organizzazione europea CCE poi CCRE -, i temporanei “arretramenti”, le “cadute” in minoranza.
Ma non si sono adagiati a “difendere” la loro personale posizione (oltretutto avevano personalità tali che la loro autorevolezza non veniva scalfita da quelle momentanee “sconfitte”. Il problema era che lottavano e non si arrendevano!
Oggi a noi l’Aiccre pare adagiata in una burocratica gestione dell’esistente, quasi prona a posizioni assurde ed ingiustificate degli organismi associativi europei del CCRE.
Sveglia, amici dell’Aiccre.
La direzione nazionale nel marzo scorso all’unanimità ha tracciato una linea nel solco della tradizione, dello statuto e della politica congressuale.
Sveglia, prima che l’associazione non si “squagli” per “impotenza politica”
A che serve un’associazione se non si batte per alcune idee e mette in campo ogni azione utile a vederle diventare patrimonio comune della Nazione?
Perché i sindaci devono stare con noi?
Non gli possiamo assicurare potere – solo un terzo degli enti locali italiani aderisce all’Aiccre -, ma possiamo coinvolgerli in “battaglie” politiche.
Ci siamo chiesti come mai alcune iniziative promosse dagli organi nazionali sono state e sono “snobbate” dai nostri associati: non le conoscono o non le condividono?
In entrambi i casi c’è un difetto che dobbiamo subito correggere.
Sveglia o siamo destinati non all’irrilevanza ma all’estinzione!
Sveglia e coraggio!
La scelta autonomista portò l’Aiccre a diventare non solo per contenuti ma anche nell’organizzazione un’associazione federalista basata sulle federazioni regionali con piene responsabilità finanziare ed organizzative.
E’ ancora così oppure occorre riconsiderare il vertice centrale per dare più forza all’organizzazione?
Ed è ancora valido lo schema adottato durante i governi di centrodestra?
Anche qui la storia aiuta.
L’Aiccre ha da sempre avuto una gestione politicamente “unitaria” in cui trovavano presenza i grandi partiti di massa, specie nella cosiddetta Prima Repubblica – Presidente un socialista, segretario un democristiano, tesoriere o segretario aggiunto un comunista, oppure lo schema rimaneva fermo ma mutavano le rappresentanze nei ruoli.
Con l’affermarsi di Berlusconi l’impianto è rimasto uguale ma la “spartizione” è avvenuta “paritariamente” tra centrodestra e centro sinistra. Tanto per capirci: Presidente e segretario aggiunto ad uno schieramento, segretario e tesoriere all’altra parte. Parliamo naturalmente degli incarichi cui è attribuita un’indennità.
Oggi si può continuare ancora così?
La situazione degli enti locali italiani non è rosea e conseguentemente nemmeno quella dell’Aiccre, basata finanziariamente soprattutto sulle quote dei soci. Nelle scorse settimane si è stati costretti a ristrutturare l’organizzazione centrale – nonostante un sostanzioso contributo a carico delle federazioni regionali – con il licenziamento di alcuni dipendenti e la trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo pieno a part time.
Vogliamo lanciare qui, ma lo faremo, come nostro costume nelle sedi istituzionali, due proposte da codificare nello Statuto.
- Il contratto dei dipendenti dell’Aiccre deve far riferimento agli accordi sindacali degli enti locali italiani
- Tutti gli incarichi, ad ogni livello, nell’Aiccre sono a titolo volontario e gratuito, salvo il rimborso delle spese come previsto dagli appositi regolamenti interni.
Come sempre, non riteniamo di avere la verità in tasca, ma come sempre desideriamo aprire un dibattuto che porti a conclusioni e soluzioni operative.
Segretario generale Aiccre Puglia
Membro direzione nazionale
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