COME SARA’ L’UNIONE EUROPEA PROSSIMA?
di Giuseppe Valerio
Con le elezioni britanniche siamo su uno spartiacque della politica europea.
Superficialmente si potrebbe pensare ad un rafforzamento del campo euroscettico. A nostro avviso, invece, l’Unione ne esce rafforzata, perché da ora comincia un interessante dibattito sul suo futuro.
Erano anni che si disquisiva – anche se giustamente, vista la crisi profonda importata dal crac delle banche americane e dalla bolla finanziaria – solo di economia e finanza.
Ora si comincerà nuovamente a discutere di “politica” e del futuro europeo.
Il Regno Unito sin dalla sua adesione all’Unione ha preteso di ricevere più di quanto desse ed ha mantenuto sempre una clausola di privilegio nel decidere sull’opting out, vale a dire sul suo eventuale abbandono.
Il Regno Unito ha portato all’Europa i principi del liberalismo economico più spinto rispetto ai continentali, ha “aiutato” all’allargamento dell’Unione verso est per motivi politici, ma è stato asfissiante e deciso nel rifiutare e respingere ogni condizione, proposta o “pretesa” di integrazione politica.
Con la vittoria dei Tories, dei conservatori di Cameron – una vittoria ottenuta con un terzo dei voti elettorali ma con la maggioranza dei parlamentari eletti in singoli collegi uninominali – il quadro dell’Unione si presenta diviso politicamente in tre riquadri. Non spicchi di diversi indirizzi partitici, ma segmentati anche all’interno dei singoli raggruppamenti. In sostanza abbiamo:
- una concezione conservatrice, liberista, che vede l’Unione come una grande area di libero scambio da allargare fino agli Stati Uniti d’America, ma contraria alla formazione di una federazione e quindi di un’Unione simile agli stessi Stati Uniti d’America
- una concezione ancora funzionalista – tanto per capirci quella che ha retto finora l’Unione, quella ideata da Jean Monnet, il quale pensava di allargare a sempre maggiori e più ampi settori la collaborazione e l’integrazione fino a raggiungere l’unione politica
- una concezione federalista che vede la possibilità di tenuta dell’Unione solo se si forma una federazione di stati, con una Costituzione (non un Trattato), un Parlamento con pieni poteri, in quanto espressione dei cittadini, ed un governo “politico” espressione di una maggioranza parlamentare. Secondo costoro senza l’unione politica non ci potrà mai essere una politica di difesa, una politica estera ed una politica economica seria e responsabile.
Il referendum che Cameron lancerà nei prossimi giorni sul futuro dell’appartenenza inglese all’Unione europea costringerà anche noi a prendere posizione e a chiarire come vogliamo l’Unione.
In questa prospettiva grande può essere l’aiuto di un’associazione come l’AICCRE, nata per sostenere le autonomie locali, prime rappresentanti delle popolazioni e tramite loro a costruire l’Europa unita e politicamente federale. Se si vuole il progresso, dicevano negli anni ’40 Spinelli e Co., la lotta non è tra comunisti e fascisti o tra conservatori e progressisti o sulla linea di divisione dei partiti così come sono, ma tra coloro che vogliono mantenere la “nazionalità” ai singoli Stati e coloro, invece, che vogliono una struttura sopranazionale.
L’Aiccre è da sempre su quest’ultima posizione anche perché l’unità non è appiattimento ma integrazione delle diversità per cedere ad un’autorità più alta la responsabilità di trovare soluzioni che sarebbe impossibile, o almeno parziale, trovare a livello nazionale.
Da qui l’intuizione delle scorse settimane della direzione nazionale dell’Aiccre che ha approvato linee di indirizzo politico che impegnano la dirigenza a collegarsi da subito con le altre associazioni nazionali del CCRE per sostenere e riaffermare, di fronte qualche scetticismo nordeuropeo, che il CCRE è la prima forza “federalista” in Europa.
Segretario generale Aiccre Puglia
Membro direzione nazionale
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